Il Serpente e la Croce

Nel 1945 la scoperta dei vangeli apocrifi di Nag Hammadi suscitò un impatto enorme sul panorama culturale dell’Occidente contemporaneo. Il torrente carsico dello gnosticismo, per la verità, non si era mai arrestato, e aveva fatto risuonare la propria eco nel corso dei secoli, passando dal Corpus Hermeticum agli inni catari, e dalle poesie di Blake alla psicanalisi di Jung.”
Paolo Riberi, Il Serpente e la Croce (Lindau, 2021)

Lo gnosticismo è una presenza costante e della massima influenza lungo lo sviluppo dalla nostra cultura; eppure è stato quasi rimosso dalla coscienza storica, relegato al ruolo di eresia marginale. Ha saputo però rimanere vivo, seppur ai margini, dimostrando una tenacia che solo le idee più seducenti possiedono. E ora la sua scintilla divampa nuovamente, riverberando lì dove meno ci si aspetterebbe di incontrare un’antica via del sacro: nella cultura pop, fra fumetti e film, videogiochi, canzoni.

Ripercorrere lo sviluppo storico dello gnosticismo non è una preoccupazione meramente accademica, ma è anzi uno studio fondamentale per capire le tensioni spirituali che agitano il nostro presente. E tuttavia questo studio non è per niente facile, perché il fenomeno gnosticismo si è palesato in mille rivoli, moltiplicandosi in scuole diverse, tessendo intrecci e contaminazioni, pur mantenendo sempre una coerenza di base. Il serpente e la croce di Paolo Riberi (Lindau, 2021), in questo aspetto, è una guida fondamentale. Non è un caso che il filo conduttore che lega i vari capitoli sia proprio il serpente: l’immagine di una linea tortuosa, che scompare nella terra e poi misteriosamente riappare, esemplifica alla perfezione l’affascinante difficoltà di riassumere una storia così complessa.

Le idee di base dello gnosticismo sono facilmente tracciabili. Quello che chiamiamo “mondo” è in realtà una creazione fallita, a opera di un finto dio malvagio e ignorante. La libertà, in questo senso, è data dalla Gnosi, ovvero dalla conoscenza spirituale: accorgendoci dell’inganno, le catene vengono per forza di cose a dissolversi. Ma il demiurgo e i suoi arconti ostacolano questo risveglio con tutti i loro sforzi, per mantenere prigioniera l’umanità in quell’ignoranza che viene comunemente scambiata per vita. Per fortuna, esiste un Dio superiore, ben al di sopra del falso creatore, ed è grazie ai suoi emissari che l’uomo può ricordare la verità, e distaccarsi dal groviglio del mondo materiale.

Questo quadro, nella realtà storica, si complica notevolmente. In mancanza di un canone affermato da una chiesa centrale, le varie sette gnostiche hanno avuto la libertà di sviluppare concetti e mitologie in varie direzioni; a volte anche contrastanti, seppur senza mai incorrere in scontri dottrinari interni. Paolo Riberi svolge un ottimo lavoro nel coniugare la precisione dello storico, alla semplicità del divulgatore: parte dalle origini dall’analisi dei vangeli gnostici, e conduce il lettore attraverso i vari rami in cui si è sviluppato lo gnosticismo, con un occhio attento alla filosofia e alla religione, ma senza dimenticare l’importante aspetto magico.

Il testo è estremamente documentato, ed è una cosa fondamentale perché in questo campo si scivola facilmente in complottismi storici di stampo sensazionalista; tuttavia la precisione storiografica non nuoce all’esposizione, e anzi il testo scorre leggero e si rende accessibile anche al lettore digiuno in materia.
Con le prove alla mano, Riberi ricostruisce i delicati passaggi con cui lo gnosticismo sopravvisse alla repressione da parte della Chiesa: dall’ermetismo alla cabala, e nell’esoterismo dell’islam ismailita, per poi ritornare alla ribalta in Europa grazie alla cultura rinascimentale.
Passando per William Blake e i poeti romantici, c’è una continuità sorprendente, che giunge fino all’occultismo di fine Ottocento, e si convoglia in quello che è stato uno dei grandi fautori del ritorno moderno del gnosticismo: Carl Gustav Jung. Lo psicologo svizzero fu un attivo ricercatore della gnosi, e ne integrò le dottrine nelle proprie teorie. É principalmente grazie alla sua influenza che divinità e idee gnostiche tornarono alla ribalta nel XX secolo: fra tutti, l’esempio più chiaro è nel Demian di Herman Hesse, che deve molto alle teorie junghiane, e in cui viene esplicitamente citata la figura gnostica di Abraxas (a cui, fra l’altro, lo stesso Riberi aveva dedicato un libro uscito lo scorso anno).

A far esplodere lo gnosticismo nel panorama culturale della nostra epoca, dicevamo, è stata quella che molti ingiustamente sminuiscono come “industria dell’intrattenimento”. Il mondo della cultura pop, infatti, è intensamente venato di idee gnostiche, a volte affermate in maniera del tutto esplicita.
L’innesco, in questo senso, è da ricercarsi nella produzione letteraria di Philip K. Dick, che visse anni di vero e proprio travaglio spirituale, con visioni da cui nacque una complessa rielaborazione personale delle teorie gnostiche – di cui fra l’altro Dick era un attento ricercatore. Le sue opere di fantascienza spesso sublimano in veri e propri trattati teologici. É da notare poi che dai suoi libri sono stati tratti veri e propri blockbuster come Blade Runner, Total Recall e Minority Report. E’ proprio nel cinema hollywoodiano che lo gnosticismo trova un terreno particolarmente fertile. I film gnostici, d’altronde, sono il tema di un precedente libro dello stesso Riberi, Pillola rossa o Loggia nera?. Qui l’autore riprende e aggiorna le sue teorie, mostrandoci un ventaglio di film in cui l’impronta gnostica è particolarmente riconoscibile. È celebre l’esempio di Matrix, più sottile quello di Truman Show, ma anche in Fight Club non mancano i riferimenti alla Gnosi.
Il serpente e la croce passa poi al mondo dei telefilm, fra cui Westworld, e ; ma anche ai fumetti, e in particolari quelli di certe saghe della DC Comics, con un particolare focus su autori come Alan Moore e Grant Morrison. Per chiudere il cerchio, l’autore fa un’esegesi di suggestivi testi di canzoni metal, e sottolinea la vena gnostica nella poesia di Leonard Cohen.

Sia nella parte storica che in quella più recente, si rende evidente come lo gnosticismo mantenga una continuità di forte coerenza interna, restando capace tuttavia di adattarsi ai tempi che cambiano, ed evolvere di conseguenza. Un altro merito de Il Serpente e la Croce, a tal proposito, sta nel svicolarsi dalla semplificazione del perennialismo, andando invece ad evidenziare le mutazioni storiche, che sono poi uno degli aspetti più interessanti di questa millenaria vicenda.
Proprio il capitolo pop fa riflettere su come i simboli dello gnosticismo siano tutt’ora attualissimi, a patto però di essere ricalibrati, cuciti addosso ai problemi e alla sensibilità della nostra epoca. Al giorno d’oggi non è più la natura stessa ad apparire malvagia, come si credeva nella tarda antichità; né sarebbe accettabile rifiutare la vita nei suoi aspetti più corporei, come nel caso dei Catari.
Lo gnosticismo di oggi si scaglia sempre contro il mondo fittizio, ma ora il malvagio demiurgo si adombra nell’avidità delle multinazionali, e in forze politiche senza scrupolo. Come nei miti dell’antichità, queste forze tutt’ora creano e mantengono un’illusione basata sull’ignoranza, una bugia che usurpa il nome di vita e che ci mantiene asserviti, infelici, alienati dalla nostra stessa essenza. É con questa chiave che la Gnosi può giocare un ruolo salvifico estremamente efficace, anche nel XXI secolo: non come escapismo spirituale, ma con la forza della ribellione.

Paolo Riberi, Il serpente e la croce (Lindau) – Qui la scheda del libro sul sito della casa editrice

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