Ninfa in labirinto

In realtà è tempo perso star sulle tracce della ninfa, sceglierne una e seguirla, persuasi che prima o poi arriverà il tempo in c i si fermi; perché quella ha in testa da sempre l’idea innata, a lei stessa inconscia, di non farsi acchiappare. La ninfa si rende irreperibile, le scoccia parecchio esser stanata, le pare volgare che qualche molestatore la ripeschi sempre. Così va a trovarsi perennemente fuori dai giochi consueti, ovvero nella splendida situazione in cui non ha niente da perdere né da guadagnare. Dunque si permette il più gran lusso: quello di liberarsi mano a mano.

Susanna Mati, Ninfa in labirinto (Moretti&Vitali, 2021)

La ninfa è il volto divino della natura; una potenza trascendente ma personificata; spesso legata ad aspetti specifici dell’ambiente, come alberi, o corsi d’acqua; immortale a volte, in altri casi destinata a perire. Una figura simile può apparire confusa e mista, la sovrapposizione di prospettive diverse sul sacro e il suo rapporto con il mondo. Ma forse è proprio questa commistione a essere la cifra che definisce la ninfa.

Susanna Mati ha dedicato alla ninfa una monografia al tempo stesso approfondita e leggera, tortuosa ma scorrevole, proprio come i corsi d’acqua cari a queste divinità. Il libro è stato scritto vent’anni fa, ma è solo di recente che la casa editrice Moretti&Vitali ha pubblicato Ninfa in labirinto – Epifanie di una divinità in fuga. (Qui la scheda del libro, sul sito della casa editrice)

L’autrice segue la fuga della ninfa, che appare come una caduta rovinosa, ma che a uno sguardo più approfondito si rivela come un anelito di libertà, non privo di una certa carica erotica: ogni fuga, d’altronde, presuppone un inseguimento. Si parte dunque in alto, nelle rarefatte quote della filosofia platonica: la ninfa appare qui come incarnazione dell’Anima, cerniera fra le sfere dello spirito e quello della materia; nobile d’origine, ma irrimediabilmente sedotta dal mondo inferiore. L’Anima-ninfa scende, scorre come l’acqua di un torrente, per forza di cose dalle vette verso le valli. Susanna Mati ne segue la rotta, in un colto e delizioso viaggio che da Hölderlin arriva a Montale, passando per Dante, Warburg e Boccaccio.

La documentazione che sorregge Ninfa in labirinto è minuziosa e solida, ma il testo non è aridamente accademico, anzi: brilla di luce propria, suona come una poesia acquatica, fluente anche o forse soprattutto quando non si lascia acciuffare. A tratti il testo si fa difficile, proprio come una ninfa che evita gli assalti dei suoi inseguitori. “L’elaborazione del mythos del Freigeist“; “nýmphai bákchides“; “la génesis è naúseos, è un acquitrinio“. Fra termini in latino o in greco, e citazioni non tradotte in francese e tedesco, ci si sente a volte sperduti, proprio come in un labirinto; ma la musicalità del testo seduce, o forse conduce, come un filo d’Arianna; il ritmo trasforma la prosa in poesia, e le parti inaccessibili si accendono di fascino.

Attraversando le ere, la Ninfa in labirinto giunge fino al contemporaneo, in un’era in cui l’eterna caduta della divinità ha raggiunto livelli abissali: “La ninfula, la pornoninfa, creaturina innocentemente oscena e contorta, desiderosa di scellerata indecenza, medita l’oltrepassamento teatrale d’ogni confine di pudore: per desiderio di troppo corrispondente amore. La ninfa-sgualdrina è del resto un ricordo ancestrale: nelle grotte consacrate a Dioniso s’approntano letti per le ninfe, giacigli fioriti poco destinati al riposo, ricorso rimasto vivo ancora di recente; forse la fanciulla d’un tempo ha alzato il prezzo: e quando nessuno ha voluto prenderla, è sparita.” Eppure anche questa sparizione non è mai completa. Il capitolo finale si apre con una semplice ma profonda rivelazione, di una fertile ambiguità semantica: “Dov’è finita la ninfa. La ninfa è finita in te.

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