Orizzontale e verticale – le figure del potere

Alla base del nostro pensiero si trovano alcuni archetipi in grado di dare forma alle percezioni e ai sentimenti, plasmando intuizioni e convinzioni, organizzando il nostro modo di concepire il mondo e di vivere in esso. Si mostrano come forme o categorie all’apparenza semplici, persino banali, tanto che spesso li ignoriamo, dandoli per scontati. Ma se andiamo ad analizzarli, rivelano un’importanza fondamentale e ramificata, tanto nelle vite quotidiane che sul più ampio respiro della storia.

Uno di questi archetipi è la contrapposizione fra verticale e orizzontale. E’ al tempo stesso un fatto fisico – una geometria polarizzata dalla forza di gravità – che una categoria del mentale: una distinzione che si riflette in campi apparentemente molto diversi fra loro, come l’arte o l’organizzazione sociale. Elèuthera editrice ha pubblicato un’interessante e approfondito saggio su queste dimensioni dell’essere, a opera di Stefano Boni. Il titolo è “Orizzontale e verticale – le figure del potere“. (qui la scheda del libro sul sito della casa editrice)

Come si può capire dal titolo, il libro è incentrato principalmente sulle dinamiche sociali associate a queste direzioni spaziali. Spiegato così potrebbe sembrare un argomento astratto, ma la forza del libro sta proprio nel saper mostrare come un archetipo, apparentemente avulso dal concreto, sa irradiarsi tramite la psicologia e la cultura, fino a consolidarsi in una realtà apparentemente inscalfibile.

L’innestarsi del concetto nella vita pratica si mostra già nel linguaggio. Basti pensare a parole come superiore o sottoposto, modi di dire come salire ai piani alti, o cadere in basso: il nostro rapporto con gli altri è geometrizzato secondo l’orizzontalità di chi ci è pari, e la verticalità delle gerarchie.

E’ forse nell’arte che le direzioni mostrano con maggior chiarezza il loro potere di dare una forma ai rapporti sociali. L’autore analizza approfonditamente come le strutture di potere abbiano dipinto la loro prominenza grazie a dispositivi grafici, spaziali e coreografici che esaltano la posizione al vertice di chi comanda, distaccandola al contempo dalla base su cui si posano. Il libro, in questo senso, è utile anche per aggiungere una chiave di lettura nell’interpretazione simbolica dell’arte: dalla collocazione all’interno della scena, alla disparità di proporzioni che ingigantiscono i protagonisti, la geometria di un’immagine diventa un vero e proprio indice di valori e importanze.

Particolarmente degna di nota è infatti la ricerca iconografica a sostegno delle tesi del testo. Oltre alle illustrazioni stampate, c’è una ricca raccolta online di quadri, stampe e foto che il lettore può comodamente consultare per ampliare l’immaginario del discorso.

Una delle immagini a corredo di “Orizzontale e verticale”

Un altro punto di forza del libro sta nel dischiudere, tramite l’analisi spaziale, nuove prospettive su possibilità sociali “orizzontali”, storicamente esistite – nonostante spesso vengano trascurate – che ora tornano ad affacciarsi sulla scena politica. Se la forma di organizzazione che ci viene per prima in mente è quella gerarchica – per l’appunto, verticale – Boni richiama l’attenzione anche a tutte le società paritarie che fondarono e fondano i propri rapporti secondo la logica orizzontale del cerchio.

Riconoscere l’impronta di un archetipo su tutto ciò che è essere umani, dunque, non significa cadere in un rigido tradizionalismo immutabile, che ordina il mondo in gerarchie lineari, e la società in rigide caste. Esistono anche altri archetipi, che offrono possibilità al tempo stesso antiche e riattualizzabili. Dagli Irochesi alle assemblee dei movimenti sociali, il cerchio fra pari non è un modello sociale utopico, ma una realtà sperimentata ed efficace.

E’ vero che storicamente è stata la società verticale a imporsi, al punto da descrivere sè stessa come l’unico ordine realmente possibile. Il modello del cerchio, tuttavia, non è soltanto attuabile, ma anche desiderabile, per restituire al nostro vivere quella dimensione di senso e di integrazione ecologica che una gerarchia tende in ultima analisi a soffocare.

Stefano Boni ci consegna inoltre un prezioso strumento di critica, con i capitoli dedicati alle forme spurie che apparentemente integrano i due sistemi. Alcune forme di orizzontalità dichiarata – benchè esplicitamente limitata – tendono infatti a diventare di fatto una gerarchia spiccatamente verticale, benchè nascosta dietro una facciata ipocritamente paritaria. E’ il caso, argomenta Boni, tanto delle democrazie, quanto delle repubbliche socialiste.

La lettura di Orizzontale e verticale, in ogni caso, è utile non solo per ripensare le disposizioni sociali e politiche, ma anche perchè sa dischiudere una prospettiva nuova di lettura su altri piani che le intersecano. Dalla letteratura al cinema, nelle situazioni di ogni giorno e nelle metafore che ci avvolgono e condizionano, questa dualità spaziale è una presenza importante e attiva, su cui è bene dischiudere gli occhi.

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