
Cos’è la magia? A seconda dell’inclinazione personale, la parola può evocare immaginari del tutto opposti. “Magia” è lo stupore, l’incanto, il potere della bellezza. Ma la parola suona anche terribilmente simile a bugia, un’illusione che si dimostra effimera e beffarda.
Questa dicotomia semantica mette in luce un contrasto radicato nella nostra cultura, e che si è acuito specialmente nei secoli più recenti, nell’era dell’Illuminismo prima e del Positivismo poi. Le antiche sapienze vennero sfrondate senza grossi scrupoli, gettando alle ortiche veri e propri tesori del pensiero, fraintesi come superstizioni. Ogni pensiero che divergeva da logica, scienza e pragmatismo veniva non solo scartato, ma esecrato come se fosse tossico.
Non sono mancati studiosi che, con una sensibilità maggiore, hanno avvertito che un sedicente progresso di questa risma avrebbe portato a una perdita culturale e poetica di proporzioni catastrofiche. Il bisogno di recuperarne la memoria non ha tardato a farsi sentire.
La bibliografia di studi sulla storia della magia è corposa e articolata, eppure in questa quantità manca una qualità particolare. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, simili ricerche dimostrano un imbarazzo di fondo: studiano sì la magia, ma ne prendono le distanze, si affrettano a chiarire nelle premesse che ovviamente si tratta di pratiche insensate, che non portano ad alcun risultato. Non prendono nemmeno in considerazione l’idea che il sistema di pensiero alla base della magia possa essere di per sè valido e autonomo, e non una semplice alternativa difettosa al paradigma imperante.
Anche nei tentativi culturali di riabilitare la magia, si viene a tracciare una distinzione fra magia “alta”, nobile e puramente filosofica, quasi astratta, in opposizione a una pratica grossolana e relegata agli strati meno colti della popolazione. Si tratta, di fatto, di un’impostura, perchè nella storia della magia prassi e teoria non sono mai state disgiunte, anzi rappresentano due aspetti talmente intrecciati da essere inscindibili.
Per riportare in evidenza l’integrità della magia, lo scrittore e ricercatore Daniele Palmieri ha di recente pubblicato un prezioso volume intitolato “Storia e pratica delle arti magiche” (Libraio editore, 2021).
Già il titolo dimostra l’intelligente approccio anfibio alla materia.
L’ossatura del testo è infatti la ricerca storica, che ricostruisce le vicende della magia dagli albori dello sciamanesimo fino alle più attuali applicazioni politiche e sociali. Il discorso è fluido e avvincente, ma al tempo stesso solidamente documentato da una fitta rete di citazioni e riferimenti. In particolare, Palmieri scarta la trappola dell’inquadramento progressista, secondo cui il pensiero umano si evolve in maniera lineare e ascendente nel corso della storia: una teoria affermata nei secoli del Positivismo e ormai desueta, ma le cui tracce continuano a influenzare diversi pensatori odierni. D’altro canto, l’autore evita sapientemente anche l’estremo opposto, senza mai cadere nei dogmatismi di chi scambia certe idee storiche per verità rivelate e immutabili.
Il criterio che ordina i capitoli, tuttavia, non è cronologico, ma suddiviso per argomenti. Dopo una prima esposizione dei princìpi della magia, entra in scena l’altra metà della pratica, con approfondimenti su rituali e strumenti magici. La teoria e l’azione, d’altronde, sono simili a due gambe su cui si sostiene l’arte del mago: senza una, l’altra sarebbe instabile e non condurrebbe da nessuna parte. La riflessione e la messa in atto non sono dunque due alternative incompatibili, ma al contrario si illuminano a vicenda. Ognuna di esse è la chiave che dischiude ulteriori possibilità nel campo reciproco.

Oltre alla completezza dello studio e la meticolosa ricerca che traspare da ogni pagina, il libro ha anche il pregio – ai giorni nostri, per nulla scontato – di una cura editoriale veramente di pregio. L’apparato iconografico è nutrito e caleidoscopico, e a ciò si aggiungono le decorazioni dei capilettera e dei frontespizi dei singoli capitoli, che rimandano al misterioso immaginario dei grimori. Il testo di Palmieri, insomma, è destinato a diventare un punto di riferimento per chiunque frequenti il mondo della magia, da studioso o praticante che sia – o perchè no, da entrambi.