Inauguriamo una nuova rubrica dedicata alla recensione di libri che trattano l’argomento simboli, con “Archetipi alfabetici” di Costanza Bondi.
Il testo tratta l’importante ed ostico tema della simbologia delle lettere. Nei testi cabalistici si insiste molto sul significato esoterico delle ventidue lettere ebraiche, ed anche il Vangelo dell’Infanzia di Tommaso ricorda un significativo episodio in cui il giovane Gesù rimproverò il suo primo maestro:
“Un precettore di nome Zaccheo, trovandosi da quelle parti, udì Gesù che diceva queste parole a suo padre e si meravigliò grandemente che un ragazzo parlasse in tal modo. E, pochi giorni dopo, si avvicinò a Giuseppe e gli disse: «Tu hai un ragazzo saggio, dotato di intelligenza. Su, affidalo a me, affinché impari le lettere. Con le lettere, gli insegnerò ogni conoscenza, anche a salutare i vecchi e a riverirli come gli antenati e i padri, e ad amare i suoi coetanei.»
E gli disse con grande cura e chiarezza tutte le lettere, dall’Alfa fino all’Omega. Ma, fissando lo sguardo sul precettore Zaccheo, gli disse: «Tu che non sai la natura dell’Alfa, come puoi insegnare agli altri la Beta? Ipocrita! Se la sai, insegna prima l’Alfa, poi ti crederemo quanto alla Beta.» Incominciò poi a interrogare il maestro sulla prima lettera, ma non gli seppe rispondere.
Alla presenza di molti, il ragazzo disse allora a Zaccheo: «Ascolta, maestro, la disposizione della prima lettera, bada come abbia linee e tratti mediani, vedi le comuni, le trasversali, le congiunte, le ascendenti, le divergenti… Le linee dell’Alfa sono di tre segni: omogenei, equilibrati, proporzionati.»
Quando il maestro udì il ragazzo esporre tante e tali allegorie sulla prima lettera, restò sconcertato davanti alla profondità della risposta e dell’insegnamento di lui, e disse ai presenti: «Povero me! Io sfortunato, non so più che fare. Io stesso mi sono procurato la vergogna, attirando a me questo ragazzo.»”
Le lettere sono il mattone fondamentale con cui costruiamo l’universo di significati del discorso; com’è allora che le conosciamo così poco? Il problema è che la loro origine è antica quanto la storia, e come ogni inizio si perde nella nebbia della memoria.
L’approccio storico può quindi far luce sull’origine e sulle trasformazioni che le lettere hanno subito in passato, ma rischia però di perdere di vista un aspetto importante: le lettere sono ancora usate, sono simboli vivi ed in buona salute, capaci quindi di raccogliere in sè anche significati nuovi ed attuali.
Nel testo l’autrice considera le singole lettere come archetipi: punti di attrazione, centri di gravità che attirano nella propria orbita le manifestazioni continuamente diverse di una configurazione primordiale ed eterna.
Man mano che ci si accosta a quel centro, la costellazione di immagini, ricordi e sensazioni si fa sempre più densa, ed a tratti non è facile seguire il filo d’Arianna che conduce nel dedalo che circonda l’archetipo; tuttavia Costanza Bondi riesce perfettamente nell’ardua impresa di traghettare il lettore in quella vertiginosa ridda di significati che nel corso dei secoli si è accalcata attorno alle lettere.
Nell’approccio con il simbolo c’è sempre un lato soggettivo, ed anche in questo caso la ricerca mostra certi aspetti del tutto personali. Alcuni significati che l’autrice associa ad alcune lettere possono sembrare arbitrari, e certi lettori reduci da ricerche proprie potrebbero trovarsi in disaccordo con certi accostamenti. Il simbolo, però, è anche e soprattutto una relazione: come uno specchio, mostra un riflesso sempre diverso a seconda dell’occhio che lo osserva.
Questo elemento soggettivo, che alle prime può sembrare un ostacolo nel cammino verso la verità, si rivela però essere un passaggio necessario ed importante per raggiungere il centro: dopo un momento di smarrimento, ci si accorge infatti che l’aspetto personale è sì una superficie mutevole, ma ordinata e condizionata da quell’essenza collettiva ed atemporale che è l’archetipo. Non è mera apparenza casuale, ma chi sa osservare potrà scorgere nelle sue forme esteriori il modello che essa ricopre: è solo così che per un momento l’occhio della mente riesce a vedere anche oltre lo specchio…
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